Concorso docenti: bocciare più persone possibili è una strategia?

Il mondo della scuola italiana sembra quasi un girone infernale in perfetto stile dantesco pieno di procedure infinite e complicate, svariati corsi di formazione e aggiornamenti (ahimè anche a pagamento, spesso), solo per poter avanzare di pochi punti in graduatoria, chiamate improvvise per brevi supplenze in tutti gli angoli della provincia alle

quali non si può rinunciare sempre per la maledetta graduatoria, che sembra quasi una montagna da scalare, e concorsi che si fanno attendere per anni.

Il mondo della scuola è così ingarbugliato che spesso è comprensibile solo a chi ne fa parte (ma anche costoro a volte brancolano nel buio).

La cosa peggiore è, probabilmente, quello che sta accadendo in queste settimane. Infatti, lontano dai riflettori, più di quattrocentomila persone stanno partecipando al concorso ordinario per docenti delle scuole secondarie. Si tratta di una procedura attesa da tanti anni, non solo per chi risulterà vincitore, ottenendo una delle cattedre messe a bando, ma anche per chi, superando la prova, otterrebbe semplicemente l’abilitazione all’insegnamento, perciò avrà poi molte più possibilità di ricevere una supplenza annuale all’inizio dell’anno scolastico. Comunque rimarrebbe precario, ma su un terreno leggermente più stabile.

 

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Il tasso di bocciature più alto di sempre

Tuttavia, non si erano fatti i conti con le intenzioni ministeriali! Infatti il tasso di bocciatura è risultato altissimo, le domande di dubbia interpretazione, i programmi poco chiari e un nozionismo vecchio stampo, che non ha avuto niente a che fare con le vere capacità che un insegnante avrebbe dovuto avere. Causa di tutto ciò è stato anche il ministro della Pubblica amministrazione, Brunetta, che ha modificato le regole del bando alcuni mesi dopo la scadenza, eliminando la prova preselettiva e usando dei quiz a risposta multipla come prova scritta.

Anni passati a riformare la scuola chiamandola anche “Scuola delle competenze” e poi agli insegnanti viene chiesto di fare Filosofia apponendo delle crocette. Affermazioni incomplete e domande nebulose che fanno, quindi, facilmente cadere in inganno i poveri candidati che, in aggiunta all’ansia da prestazione, sbagliano gran parte dei quesiti e falliscono la prova. 

 

Il paradosso del concorso

Ma perché favorire in questo modo le bocciature? A quanto pare sembra che il Ministero preferisca tenere le graduatorie affollate con persone da chiamare all’occorrenza e da pagare dopo mesi di attesa anziché inserire direttamente queste stesse persone nella macchina scolastica.

 Più aspiranti riescono ad abilitarsi, più aumentano i precari sindacalizzati, che vanno in qualche modo stabilizzati.

In Italia l’ansia scolastica è in continua crescita e supera di gran lunga quella dei coetanei europei. Secondo Unicef in Europa oltre il 16% degli adolescenti convive con un disturbo mentale, perciò gli insegnanti devono essere preparati a questo scenario non tanto alle date delle guerre da ricordare a memoria.

La scuola non ha bisogno di semplici nozioni, altrimenti vorrebbe dire che basterebbe un manuale per formare le generazioni future. La scuola ha bisogno di passione, empatia, pensiero critico e capacità di ragionamento. Si tratta di caratteristiche che si rischia di perdere sulla strada esasperante del precariato.

Il paradosso del concorso sta nel fatto che chi risulta insufficiente continuerà comunque a insegnare. Perché si tratta delle stesse persone che vengono contattate per le supplenze e farà lezione sugli stessi argomenti, e verranno retribuite dallo stesso Ministero che le ha giudicate non idonee a fare il lavoro che di fatto fanno già.

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