“Non è affatto un percorso ad ostacoli. E’, piuttosto, un percorso formativo finalmente chiaro”. Queste le parole del Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi a margine dell’approvazione da parte del CdM della bozza di decreto relativa alla riforma della formazione iniziale e continua e del reclutamento dei docenti. Un provvedimento, in realtà, fortemente
contestato tanto dai sindacati quanto dalle forze politiche (anche della stessa maggioranza di governo). Ciononostante il numero uno di Viale Trastevere non ha inteso fare alcun passo indietro, mantenendo fede agli impegni assunti in tal senso anche con la Comunità europea.
Le ragioni della riforma
“In Consiglio dei ministri – ha commentato Bianchi – abbiamo approvato all’unanimità, nell’ambito del Pnrr, un intervento importante per la scuola. Un percorso chiarissimo per tutti coloro che vogliono diventare insegnanti di scuola secondaria, sia inferiore che superiore. Avranno la loro laurea magistrale, poi un percorso all’interno dell’Università di 60 crediti che porterà all’abilitazione, il concorso e, quindi, l’anno di prova prima dell’immissione in ruolo”. Il Ministro ha, poi, aggiunto: “In tutti i Paesi la formazione degli insegnanti è un elemento importantissimo della qualità della scuola. E l’Italia non fa certo eccezione. Ragion per cui abbiamo stabilito che i 60 crediti si può cominciare ad averli anche prima della laurea magistrale. Del resto, se un ragazzo ha deciso di fare l’insegnante lo può scegliere già da prima e anche entro la laurea”. Lo stesso ha, quindi, voluto chiarire anche le ragioni e la struttura della riforma. “Si tratta – ha detto – di un percorso chiarissimo in cui si dovranno avere, in quei 60 crediti, le competenze specifiche della pedagogia. Cioè del come si insegna quella materia specifica. E vi sarà anche una parte dedicata al tirocinio in classe accompagnati da dei tutor”. Altro elemento importantissimo, a parere di Bianchi, è l’aver “messo una grandissima enfasi sulla formazione degli insegnanti, che già sono in aula, per quanto concerne tutta la parte digitale”. “Questo – ha chiarito – non vuole semplicemente dire saper usare gli strumenti digitali. Ma anche educare i nostri ragazzi a un uso responsabile e critico degli strumenti digitali stessi”. Il Ministro dell’Istruzione ha, inoltre, rivendicato con orgoglio la decisione di puntare sulla “formazione incentivata per quanto riguarda la capacità di progettare la nuova didattica”.