Tra i doveri del docente di sostegno vi è quello di elaborare il Piano Didattico Personalizzato. Un documento ufficiale che è obbligatorio nei confronti degli alunni con DSA.
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento, infatti, sono la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia. La loro presenza compromette le azioni della lettura, della scrittura e del calcolo. Essi, inoltre, si palesano sin dalla più tenera età.
L’insegnante di sostegno deve collaborare con il resto dei docenti per limitarne i danni. La Circolare Ministeriale n. 8 Prot. 561 del 6 Marzo 2013 afferma che il PDP è lo strumento privilegiato in tale ottica.
Il Piano Didattico Personalizzato deve definire le strategie d’intervento idonee al caso. Inoltre, devono essere elencati anche i criteri di valutazione degli apprendimenti.
Tutto ciò ha lo scopo di concretizzare il diritto allo studio. Infatti, la didattica inclusiva è uno dei pilastri della scuola italiana.
Ciò consente di rendere partecipi in maniera attiva tutti gli alunni nel processo di formazione individuale. Inoltre, si comprende ancora di più l’essenzialità di un professionista come il docente di sostegno.
Caratteristiche del Piano Didattico Personalizzato
Per parlare del Piano Didattico Personalizzato bisogna capire che cosa effettivamente sia. Esso è un vero e proprio strumento di programmazione.
La sua presenza permette di decidere in maniera preventiva le strategie didattiche da adoperare. Quest’ultime servono a potenziare le capacità di apprendimento degli studenti con DSA.
I disturbi in questione sono stati riconosciuti dalla Legge n. 170 dell’8 settembre 2010. In essa si attesta che i DSA «si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana».
Una normativa indispensabile per fare ulteriore chiarezza è anche il Decreto Ministeriale n. 5669 del 12 luglio 2011. Allegato allo stesso ci sono le Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con Disturbi Specifici di Apprendimento.
Qui vengono snocciolate le caratteristiche del PDP. Quest’ultimo è un documento ufficiale in cui i docenti indicano la strada maestra da percorrere per ogni allievo con DSA.
Gli elementi che sono inseriti nelle sue viscere sono:
- i dati anagrafici dell’alunno;
- la tipologia di disturbo;
- le attività didattiche individualizzate;
- le attività didattiche personalizzate;
- gli strumenti compensativi utilizzati;
- le misure dispensative adottate;
- le forme di verifica e valutazione personalizzate.
Data la sua importanza, il PDP deve essere redatto e messo in moto entro il primo trimestre dell’anno scolastico.
Strumenti compensativi e misure dispensative
All’interno del PDP ci sono anche gli strumenti compensativi e le misure dispensative. Entrambi hanno lo scopo di salvaguardare l’alunno con DSA da situazioni troppo gravose per i loro disturbi.
Nel primo caso si parla di oggetti tecnologici e non, utili per facilitare l’apprendimento a casa o in classe. In questa sezione si possono annoverare:
- il registratore, utile per evitare all’allievo la trascrizione degli appunti;
- i programmi di videoscrittura con integrato il correttore automatico;
- le mappe concettuali;
- le calcolatrici;
- le tabelle;
- i formulari.
Le misure dispensative, invece, consentono al discente di evitare di svolgere quelle mansioni troppo complicate per loro. Per esempio, una lettura eccessivamente lunga per un alunno con dislessia risulta assai difficoltosa.
La dislessia, infatti, impedisce la lettura dei brani a voce alta, chiara e in modo continuativo. Ecco perché in tale frangente si potrebbe paventare la possibilità di leggere un testo più corto o in un tempo minore.
Inoltre, tra queste strategie didattiche rientrano anche l’opportunità di avere maggior tempo a disposizione nei test in classe. Tutto ciò allevia gli impedimenti causati dai DSA.
Differenze tra PEI e PDP
Chi ambisce a diventare insegnante di sostegno deve apprendere tutte le nozioni basilari del campo. Per questo deve fare proprie anche le differenze che intercorrono tra PEI e il Piano Didattico Personalizzato.
Con la sigla PEI si intende il Piano Educativo Individualizzato. Da molto tempo il PEI è parte integrante della normativa italiana. Infatti, la prima apparizione la fece nella Legge n. 104 del 5 febbraio 1992.
Il suo aggiornamento, invece, è stato possibile attraverso il Decreto Interministeriale n. 182 del 29 dicembre 2020.
Qui sono riportate le misure per l’assegnazione del sostegno. Ciò avviene ai sensi dell’articolo 7, comma 2-ter del Decreto Legislativo n. 66 del 13 aprile 2017.
Il PEI, dunque, è un documento che definisce gli interventi da apportare annualmente. Il destinatario dello stesso è l’alunno con BES. L’acronimo in questione indica i Bisogni Educativi Speciali.
Nella suddetta categoria vengono inclusi:
- la disabilità;
- i disturbi evolutivi specifici;
- lo svantaggio socio-economico, linguistico, culturale.
Anch’esso, esattamente come il Piano Didattico Personalizzato, ha una durata di un anno. Inoltre, può essere redatto sin dalla scuola dell’infanzia.
Il PEI individua quelli che sono gli obiettivi educativi del discente con disabilità. Ciò permette di allargare l’apprendimento anche alla sfera della socializzazione e della comunicazione.
Inoltre, si accrescono le interazioni con gli altri e l’autonomia del singolo. Infine, ci sono alcuni elementi del PEI che non devono essere dimenticati ovvero:
- le finalità didattiche ed educative;
- gli itinerari di lavoro;
- le tecnologie, metodi e sussidi utilizzati;
- i criteri di valutazione;
- le forme di integrazione tra scuola ed extrascuola.
Chi elabora il Piano Didattico Personalizzato
Il Piano Didattico Personalizzato, quindi, è relativo all’ambito dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento.
Il PDP deve essere messo in atto all’interno dell’istituto ed è ovvio che debba essere elaborato da specifici professionisti. Infatti, il docente di sostegno non è l’unico a essere chiamato in causa.
La scuola, infatti, deve attuare gli interventi di identificazione precoce nei casi in cui si sospetti uno o più DSA. Deve, quindi, avviare le procedure di recupero didattico. Qualora le problematiche dovessero persistere lo si comunica alla famiglia di origine.
Quest’ultima deve richiedere una valutazione agli enti locali. Una volta ricevuta la diagnosi, la si comunica all’istituto scolastico di frequenza. In tal modo può essere messo in moto il Piano Didattico Personalizzato.
Questo ultimo, quindi, viene scritto non solo dal docente di sostegno, ma dall’intero Consiglio di Classe. Ciò fa comprendere ancora di più come il primo non debba essere l’unico a relazionarsi nella maniera corretta con i discenti con DSA.
Quando è obbligatorio
Il Piano Didattico Personalizzato è obbligatorio quando ci sono dei casi accertati di Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Suddetto strumento, infatti, è essenziale per garantire il diritto allo studio dei discenti con DSA.
Per la precisione, esso deve essere elaborato e messo in pratica entro il primo trimestre dell’anno scolastico. Ciò diventa maggiormente imperativo quando la famiglia presenta una diagnosi ufficiale.
Nella redazione del Piano Didattico Personalizzato, inoltre, è bene tenere conto di alcuni fattori. Il Consiglio di Classe, di cui fa parte il docente di sostegno, deve collaborare con la famiglia e con gli specialisti territoriali.
Il motivo di tutto ciò è davvero molto semplice. In questo modo è possibile avere tutte le informazioni utili per creare un programma educativo efficace.
La didattica inclusiva, infatti, deve essere al centro delle operazioni degli insegnanti. La sua funzione è quella di mettere al centro della scuola il discente con le sue potenzialità.
Ci si distingue, dunque, dalla visione che voleva il contenuto nozionistico come unico motore della scuola. Tutte queste informazioni sono basilari per chi voglia intraprendere il percorso del TFA Sostegno 2023.
Per quest’ultimo è necessario, però, attendere l’uscita del bando emesso dal Ministero dell’Istruzione e del Merito. Solo in questo modo si può ottenere l’abilitazione nel campo.
Quest’ultima, infatti, rappresenta la strada ufficiale per poter ottenere nel tempo la cattedra a tempo indeterminato sul sostegno.