Lavorare come docente all’interno della scuola italiana richiede una certa dose di competenza e impegno. I titoli di accesso, quali laurea magistrale o a ciclo unico, sono solo il punto di partenza. Per fare il docente, infatti, è necessaria una formazione continua.
Proprio per facilitare questo flusso continuo
di apprendimento, sono state elaborate alcune strategie. Tra di esse si può annoverare facilmente la Carta del docente. Quest’ultima rappresenta un valido supporto per permettere al corpo insegnanti di accedere facilmente ai corsi di formazione.
Che cos’è la Carta del docente
All’interno della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana è possibile trovare la Legge del 13 luglio 2015, n. 107. Tale legge, all’interno del comma 121, decreta la nascita della Carta del docente.
La carta elettronica nasce con l’intento di sostenere la formazione continua del corpo docente e di esaltarne le competenze. La stessa ha un valore di spesa pari a 500 euro annuali ed è estesa ai professori di ruolo per ogni ordine e grado.
Può essere adoperata per l’acquisto di libri, sia cartacei che in formato digitale, ma anche per comprare riviste e pubblicazioni volte ad ampliare il proprio livello professionale.
La Carta del docente è anche stata realizzata per permettere agli insegnanti di comprare nuove attrezzature elettroniche.
Si può adoperarla per iscriversi a vari corsi formativi rientranti sempre nell’ambito scolastico o corsi di laurea inerenti al profilo professionale. Infine, la si può adoperare anche per poter ampliare le proprie visite a musei o per partecipare a eventi culturali.
Anche i precari possono avere la Carta del docente
Come si è potuto notare in precedenza, la Carta del docente era stata pensata inizialmente solo ed esclusivamente per gli insegnanti di ruolo. Un elemento che ha sempre turbato molti supplenti che, in ogni caso, sono insegnanti a tutti gli effetti.
Proprio per tale motivo, è stato richiesto più volte che tale diritto fosse esteso a tutto il corpo docente. In particolare, la FLC CGIL ha, di recente, avviato una vertenza per garantire questo diritto anche al personale docente non di ruolo. E questo ha permesso il riconoscimento della più che legittima richiesta. Tant’è che il Consiglio di Stato, con la sentenza n.1842/2022, ha finalmente esteso tale beneficio anche ai precari della scuola.