ADHD

ADHD

ADHD e DSAADHD è l’acronimo di Attention Deficit Hyperactivity Disorder. Nella lingua italiana è tradotto come Disturbi da Deficit di Attenzione e Iperattività.

La normativa utile al caso è da riscontrare nella Circolare Ministeriale prot. n. 4089 del 15 giugno 2010. In essa vengono snocciolate le indicazioni essenziali per interagire al meglio con gli alunni con tali disturbi.

Il percorso scolastico degli allievi, infatti, deve essere agevolato in presenza di difficoltà. Il compito della scuola è quello di rendere il diritto allo studio fruibile da tutti.

Gli ADHD, infatti, vanno a intaccare il neuro-sviluppo. Ciò implica una compromissione delle abilità nella scuola, ma anche nell’ambito sociale e lavorativo.

Ecco perché devono essere messe in atto le giuste strategie. Come sempre, il docente di sostegno non può farsi interamente carico della situazione. La sua presenza serve da tramite tra il resto della classe e dei professori con lo studente in questione.

L’insegnante di sostegno, dunque, mette a disposizione di tutti le proprie competenze. Solo in questo modo si può concretizzare il concetto di inclusione scolastica.

 

Cos’è l’ADHD

Per avere informazioni dettagliate su che cosa sia l’ADHD si può riferimento all’AIDAI. Questa sigla indica l’Associazione Italiana per i Disturbi di Attenzione e Iperattività.

Sulla pagina web della stessa si afferma che con ADHD si va a intendere un disturbo evolutivo dell’autocontrollo. Ciò implica difficoltà nella concentrazione, ma anche nel dominio degli impulsi. Infine, si palesano evidenti episodi di iperattività.

Spesso questi elementi caratterizzano la normale crescita di un bambino. Per tale ragione si può incorrere nell’errore di sottovalutare alcuni sintomi. Tali disturbi, però, compromettono in maniera evidente la quotidianità di chi ne è affetto.

La presenza dell’ADHD, naturalmente, deve essere accertata da uno specialista. La disattenzione, ma anche l’iperattività non consentono allo studente di rapportarsi con i propri coetanei.

I disturbi in questione, inoltre, possono portare a problematiche anche in ambito sociale. Infatti, per tali soggetti risulta assai difficile sottostare alle regole imposte.

C’è una perenne impulsività che porta gli studenti esaminati a voler catalizzare l’attenzione su di sé. Ciò comporta il voler essere gratificati in maniera istantanea. Infine, sono anche molto invadenti, interrompendo spesso i dialoghi altrui.

Il tutto, però, non è affatto causato dalla maleducazione di questa tipologia di bambini. Il loro atteggiamento risulta ingestibile anche per loro.

 

Sintomi dell’ADHD

Ci sono, quindi, dei precisi sintomi che scaturiscono dall’ADHD. Riconoscerli è il primo passo per capire se sia possibile o meno ottenere una diagnosi medica. Quest’ultima è indispensabile anche per le procedure scolastiche.

Coloro che hanno disturbi di attenzione o di iperattività hanno delle caratteristiche che li accomunano. I bambini e le bambine in questione, per esempio, non riescono a mantenere alta la concentrazione evitando di distrarsi.

Inoltre, presentano altri problemi in molteplici attività quali:

  • selezionare le informazioni adeguate per la prosecuzione di un compito assegnato, mantenendo alta la concentrazione per tutti il tempo richiesto;
  • seguire le regole imposte;
  • individuare, pianificare e controllare le sequenze delle azioni complesse;
  • controllare i comportamenti che risultano essere inappropriati in una specifica situazione;
  • applicare le strategie di studio che consentono di ricordare a lungo termine le informazioni apprese.

Tali studenti, oltre a ciò, possono riscontrare altri ostacoli. Questi ultimi non si palesano in tutti i casi, come quelli precedenti, ma sono comunque invalidanti.

Gli alunni con ADHD, infatti, spesso non riescono a interagire in maniera adeguata con i propri coetanei. Ciò li porta a non riuscire a mantenere delle solide relazioni con gli stessi.

Anche la regolamentazione della propria sfera emotiva risulta ardua. Un esempio può essere l’incapacità di gestire la frustrazione. Ciò comporta un senso di impotenza dovuto alla mancata gratificazione immediata.

Il tutto può riguardare anche l’impossibilità di dominare l’ansia, l’aggressività e i sentimenti depressivi. Tutto questo sfocia nell’impossibilità di seguire i ritmi di apprendimento del resto della classe.

 

Il ruolo degli insegnanti

Quando si presentano casi di ADHD il ruolo degli insegnanti è indispensabile. L’insegnante di sostegno, infatti, è il garante della didattica inclusiva. La sua formazione, dovuta alla specializzazione nel campo, permette di attivare metodologie adeguate.

La prima cosa da fare, da parte dei docenti, è mantenere un dialogo proficuo con famiglie e specialisti. Ciò consente di apprendere tutte le informazioni utili del caso trattato.

Non solo chi opera nel sostegno, dunque, ma anche il resto dell’istituto deve fare la propria parte. Il fine è quello di rendere tale bambino parte integrante della classe. Egli, quindi, non deve essere in alcun modo isolato.

Tutti i docenti devono creare un ambiente adatto. Il che implica la minor presenza possibile di agenti distraenti. Inoltre, devono essere adoperate alcune tecniche pratiche per facilitare l’apprendimento in tali casi. Tra di essi ci sono:

  • gli aiuti visivi;
  • una routine quotidiana;
  • i tempi di lavoro brevi;
  • le piccole pause;
  • le gratificazioni immediate;
  • le procedure di controllo.

La situazione in aula può essere ulteriormente migliorata tramite alcuni accorgimenti. Infatti, il docente deve definire poche e chiare regole che possono essere seguite da tutti.

Si devono concordare con l’allievo con ADHD degli obiettivi realistici da perseguire. Si può invogliare a usare mezzi validi quali tabelle e diagrammi di flusso. Si possono adoperare anche i computer e le enciclopedie multimediali.

Infine, la Circolare Ministeriale prot. n. 1395 del 20 marzo 2012 ha emesso una sentenza fondamentale. Anche per gli studenti elencati è previsto il Piano Didattico Personalizzato (PDP) esattamente come per i DSA.

 

Che differenza c’è tra DSA e ADHD

Quindi, anche per gli ADHD si deve adottare il Piano Didattico Personalizzato. L’acronimo DSA, invece, indica i Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

I DSA sono riconosciuti tramite la Legge n. 170 dell’8 ottobre 2010. Al loro interno si annoverano la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia. Essi ruotano intorno alla lettura, alla scrittura e al calcolo.

Anche i DSA necessitano del PDP, ma hanno natura differente. Appaiono con capacità cognitive adeguate. Si palesano in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali. Eppure, possono essere fonte di limitazioni importanti nella quotidianità.

Di conseguenza, le abilità compromesse sono ben distinte. Negli allievi con ADHD ci sono ostacoli nel controllo degli impulsi. In quelli con DSA, invece, vengono meno le capacità fonologiche e quelle della memoria verbale.

Per entrambi si deve stilare il PDP, un documento ufficiale volto alla programmazione delle didattica per gli elementi trattati. Per tale ragione deve essere formulato dal Consiglio di Classe nel primo trimestre dell’anno scolastico.

Al suo interno ci sono:

  • i dati anagrafici dell’alunno;
  • la tipologia di disturbo;
  • le attività didattiche individualizzate;
  • le attività didattiche personalizzate;
  • gli strumenti compensativi utilizzati;
  • le misure dispensative adottate;
  • le forme di verifica e valutazione personalizzate.

Uno strumento utilissimo sia per i Disturbi Specifici dell’Attenzione sia per i Disturbi da Deficit di Attenzione e Iperattività. Anche questa rientra tra le nozioni indispensabili se si ha intenzione di affrontare il TFA Sostegno 2023.

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