Il Consiglio dei Ministri – presieduto in remoto dal premier Mario Draghi (positivo al Covid) – ha approvato ieri pomeriggio la bozza di decreto relativa alla riforma della formazione iniziale e continua e del reclutamento dei docenti. Nonostante le pesanti critiche piovute sul Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi nei giorni scorsi, il
testo ha ottenuto un tutt’altro che scontato via libera. La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è attesa già entro l’inizio della prossima settimana. Poi lo stesso approderà in Parlamento per essere convertito in legge entro 60 giorni. Quindi, entro giugno, così come previsto nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza). Ma non si può escludere che in questo fondamentale passaggio il provvedimento possa far registrare delle modifiche. La riforma è stata inserita, così come ampiamente anticipato nei giorni scorsi, all’interno del Decreto PNRR 2, già approvato mercoledì scorso. Prima del CdM era andato in scena anche un incontro tra lo stesso Ministro Bianchi e le forze politiche di maggioranza. Che peraltro avevano già manifestato il proprio disappunto per essere state convocate solo a ridosso del Consiglio dei Ministri, senza cioè il tempo necessario per analizzare ed approfondire un provvedimento di tale importanza. E, infatti, sembrerebbe che diversi componenti della Commissione Istruzione di Camera e Senato abbiano preferito non prendere parte per protesta al vertice. Il decreto prevede concorsi ordinari su base annuale e fissa a 70 mila immissioni in ruolo l’obiettivo da raggiungere entro il 2024. Previsti, inoltre, due percorsi separati per il reclutamento degli insegnanti: uno strutturato sulla formazione iniziale e continua, l’altro riservato ai precari storici con almeno tre anni di servizio (anche non continuativi) negli ultimi cinque anni.
Le novità della Riforma. Reclutamento docenti
Il decreto introduce, in particolare, un percorso universitario abilitante di formazione iniziale (di almeno 60 crediti formativi) a cui farà seguito una prova finale abilitante. Previsti anche un concorso pubblico nazionale indetto su base regionale o interregionale e un periodo di prova della durata di un anno (con valutazione finale). La scelta di svolgere il percorso di formazione durante la carriera universitaria (in aggiunta, quindi, ai crediti necessari per il conseguimento del proprio titolo) o dopo la laurea, sarà a discrezione degli interessati. Introdotti anche un periodo di tirocinio da effettuare nelle scuole e la previsione di una lezione simulata all’interno della prova finale al fine di testare sia la preparazione che le capacità di insegnamento. Una volta conseguita l’abilitazione si accederà ai concorsi annuali prima di essere eventualmente assunti in prova per un anno. Solo in caso di esito positivo della valutazione finale si otterrà l’immissione in ruolo. Il decreto stabilisce, inoltre, l’accesso diretto al concorso per i docenti con già tre anni di servizio alle spalle. Se questi ultimi vorranno, purché in possesso di 30 CFU, potranno insegnare fin da subito. A patto, però, di conseguire nel frattempo anche gli ulteriori 30 crediti necessari. Con contratto a tempo determinato part-time. Quest’ultima possibilità è, tuttavia, prevista solo in forma transitoria fino al 31 dicembre 2024.
Riassumendo, almeno stando a quanto contemplato dalla bozza del decreto, per il reclutamento degli aspiranti docenti saranno previsti tre differenti strade:
- Nella fase transitoria e, comunque, solo fino al 31 dicembre 2024, sarà possibile conseguire durante il percorso universitario 30 Cfu (di cui almeno 15 di tirocinio) e poi insegnare. Con l’obbligo, però, di completare i restanti 30 Cfu e la successiva abilitazione con un anno a tempo determinato e part-time.
- Si potranno conseguire i 60 Cfu e l’abilitazione già durante il percorso universitario, per poi partecipare al concorso ed eventualmente svolgere l’anno di prova. Infine, una volta ottenuta la valutazione finale positiva, ottenere l’immissione in ruolo.
- I precari storici con almeno 3 anni di servizio (non necessariamente continuativi) negli ultimi cinque anni potranno accedere direttamente al concorso e, nel caso, all’anno di prova. Per loro non è, infatti, previsto l’obbligo dei 60 CFU e dell’abilitazione.
Le novità della Riforma. Scuola di Alta Formazione
Una delle principali novità previste dalla bozza di decreto è l’istituzione della Scuola di Alta Formazione del sistema nazionale pubblico di istruzione posta nell’ambito e sotto la vigilanza del Ministero dell’istruzione.
Compito della Scuola sarà:
- promuovere e coordinare la formazione in servizio dei docenti di ruolo, in coerenza e continuità con la formazione iniziale;
- dirigere e indirizzare le attività formative dei dirigenti scolastici, dei direttori dei servizi amministrativi generali, del personale amministrativo, tecnico e ausiliario;
- assolvere alle funzioni correlate al sistema di incentivo alla formazione continua degli insegnanti.
La Scuola di Alta Formazione si avvarrà, per lo svolgimento delle proprie attività istituzionali, dell’Indire e dell’Invalsi. Mentre, per le funzioni amministrative, si raccorderà con gli uffici del Ministero dell’istruzione competenti in materia e stipulerà convenzioni con le università, con le istituzioni AFAM e con soggetti pubblici e privati, fornitori di servizi certificati di formazione.
Gli organi della Scuola di Alta Formazione sono:
- il Presidente;
- il Comitato d’indirizzo;
- il Comitato scientifico internazionale;
- il Segretario generale.
Le novità della Riforma. Formazione continua incentivata
Compito principale della Scuola di Alta formazione sarà quello di avviare i programmi di formazione continua incentivata a decorrere dall’anno scolastico 2023/2024. Gli stessi saranno incentrati sulle attività formative inerenti alle figure professionali responsabili nell’ambito dell’organizzazione della scuola delle attività di progettazione e sperimentazione di nuove modalità didattiche. Il tutto inserito in un’ottica tesa a promuovere e sostenere processi di innovazione didattica e organizzativa della scuola oltre che a consolidare e rafforzare l’autonomia scolastica. Si tratta, in buona sostanza, di un’iniziativa che si inserisce nell’ambito dell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Con particolare riferimento alle metodologie didattiche innovative e alle competenze linguistiche e digitali. Tale sistema di formazione e aggiornamento permanente degli insegnanti sarà articolato in percorsi di durata almeno quadriennale. Saranno previste anche verifiche intermedie, almeno annuali, svolte sulla base di una relazione presentata dal docente sull’insieme delle attività realizzate nel corso del periodo oggetto di valutazione. Prima del passaggio al percorso successivo, sarà necessario superare una prova finale per la verifica dell’idoneità. Fatta eccezione per il numero di ore corrispondenti a quelle della formazione obbligatoria, la partecipazione alle attività formative non dà diritto all’esonero dal servizio. La stessa è, tuttavia, valutabile ai fini della formulazione della graduatoria interna di istituto, dei trasferimenti a domanda e d’ufficio, nonché della mobilità professionale.
Da precisare, inoltre, che l’accesso ai percorsi di formazione avviene esclusivamente su base volontaria. Per incentivarne l’accesso, però, il Ministero ha ben pensato di prevedere un meccanismo di progressione salariale accelerata per gli insegnanti di ogni ordine e grado del sistema scolastico. Vale a dire che, al superamento di ogni percorso di formazione, si consegue in maniera anticipata la progressione salariale prevista dalla contrattazione nazionale attualmente legata esclusivamente all’anzianità di servizio, che rimane integralmente vigente. Resta, di contro, ferma la progressione salariale di anzianità per coloro che non prendano parte ai percorsi o che per qualsiasi ragione smettano di svolgerli.
Riforma Bianchi. Polemica e tensioni
Il Consiglio dei Ministri svoltosi ieri pomeriggio alle 17:30 è durato circa un’ora. A presiederlo, in collegamento online dalla sua residenza a causa della positività al Covid, c’era il premier Mario Draghi. Sul tavolo il decreto legge Pnrr 2, già approvato mercoledì scorso. Per alcune modifiche legate sia al decreto legge dell’election day per le elezioni ed i referendum previsti nel 2022, sia alla riforma della formazione iniziale e continua e del reclutamento dei docenti. Tra aspre polemiche e forti tensioni anche all’interno della stessa maggioranza. Tanto è vero che diversi componenti della Commissione Istruzione di Camera e Senato abbiano preferito non prendere parte per protesta al vertice convocato dal Ministro prima del CdM.
Il senatore Mario Pittoni, responsabile Istruzione della Lega e membro della Commissione del Senato, ha parlato di “comportamento incomprensibile del governo”. “Sono passati mesi senza alcun coinvolgimento – ha accusato – E si è arrivati all’ultimo Consiglio dei ministri utile per approvare un decreto entro giugno. Ora si presenta una proposta molto poco condivisa e veniamo convocati solo a poche ore dal CdM. Ho presentato una relazione con i nostri suggerimenti prima delle feste di Pasqua, dopo che nei mesi precedenti avevo portato addirittura un’articolata proposta già pronta. Non ho ricevuto riscontri. Non sono stato convocato da nessuno per valutare e approfondire le nostre considerazioni. E mi risulta che nella stessa situazione si siano trovate anche altre forze della maggioranza e lo stesso fronte sindacale. Siamo senza parole”.
Da parte sua, il capogruppo Pd in commissione Istruzione Roberto Rampi, ha fatto sapere: “La riforma è necessaria non solo perché collegata agli impegni presi con l’Europa, ed è bene che sia condivisa da una larghissima maggioranza perché deve durare per decenni. Mettere un punto fermo sulla modalità con cui si diventa insegnanti in questo Paese è molto importante per chi come noi crede alla cultura come chiave della democrazia e dello sviluppo. Approfondiremo nel dettaglio il testo e daremo il nostro contributo per renderlo il migliore possibile, avendo come faro l’idea che il lavoro di insegnare è uno dei più preziosi per un Paese’‘.
Nessun dubbio per Marcello Pacifico, presidente dell’Anief. “La riforma – sentenzia – sarà un fallimento. Entro il 2024 non sarà assunto neanche un terzo dei 70 mila docenti prospettati dal Ministro Bianchi. Ritengo, anzi, che entro tre anni si triplicheranno gli attuali numeri dei precari. Prima il concorso era abilitante, ora serve soltanto ad avere un posto come al comune. Prima chi usciva dalle scuole di specializzazione all’insegnamento da abilitato era inserito nel doppio canale di reclutamento, ora dovrà fare per forza un concorso per poter entrare di ruolo. Prima i precari partecipano direttamente a un concorso riservato ora dopo aver vinto il concorso dovranno superare altre due prove. Se questa è la risposta, andremo subito in Europa a denunciare il continuo abuso dei contratti a termine in Italia e ritorneremo nei tribunali italiani con una class action contro il Governo per la palese violazione delle norme comunitarie”.
La posizione del Ministro
Incurante, si fa per dire, della levata di scudi di sindacati e forze politiche (anche di maggioranza), il Ministro Patrizio Bianchi va dritto per la propria strada. E non cambia idea sui contenuti e sull’importanza della riforma appena approvata dal CdM.
“Oggi – ha commentato – facciamo un ulteriore passo avanti per dare stabilità al sistema d’Istruzione. Prevediamo un percorso chiaro e definito per l’accesso all’insegnamento e per la formazione continua dei docenti lungo tutto l’arco della loro vita lavorativa. Puntiamo sulla formazione come elemento di innovazione e di maggiore qualificazione di tutto il sistema. Prevediamo, inoltre, 70 mila immissioni in ruolo entro il 2024, attraverso concorsi che saranno banditi con cadenza annuale. Gli insegnanti sono il perno dei nostri istituti – ha, quindi, sottolineato – e devono avere un quadro strutturato di inserimento, il giusto riconoscimento professionale e strumenti che consentano un aggiornamento costante, indispensabile per svolgere il loro compito di guida delle nuove generazioni. Al centro di questa riforma c’è un’idea precisa di una scuola aperta e inclusiva, che stiamo costruendo con le risorse del PNRR a disposizione e con il dialogo con tutti gli attori coinvolti”.